Published On: Ottobre 23, 2017

GIOVANI LEONI E GRANDI VECCHI, FORMAT INNOVATIVI E TRATTORIE DI TRADIZIONE. NELLA GUIDA RISTORANTI D’ITALIA 2018 DEL GAMBERO ROSSO UNO SPACCATO DELLA SCENA RISTORATIVA NAZIONALE.

Partiamo dai numeri: l’edizione numero 28 della guida Ristoranti d’Italia include 38 Tre Forchette e 25 Tre Gamberi, senza contare Boccali, Bottiglie, Mappamondi e Cocotte. A comporre un quadro che, mai come quest’anno, si presenta vivace, articolato, maturo. E la quota-premi (la più alta da quando è nata la guida) lo testimonia. Un record di cui vogliamo indagare motivi e tracciare le direttive. Un elemento su tutti, però, si può segnalare, prima di ogni analisi dettagliata: la spinta verso una maggiore concretezza che dirige cuochi giovani e vecchi a lasciare gradualmente sterili esercizi di stile per spingersi alla ricerca di sapori. Con un debole, neanche troppo nascosto, per la cucina di tradizione. Quella delle mamme e delle nonne, per intenderci.

La tradizione

Una delle evidenze che hanno segnato i mesi appena trascorsi, è la rinascita delle trattorie. E non solo nelle formule modaiole di neo-qualcosa (neo osteria, neo trattoria e via discorrendo tra neologismi e parole composte) ma nel ritorno – spesso divertito – ai vecchi locali di una volta e alla cucina dei tempi che furono. Con arredi d’antan che parrebbero stare lì da qualche decennio, o in versioni rinnovate ma pienamente partecipi di uno stile a tutta tipicità, con proposte che, ognuna con le sue specifiche, attingono a piene mani dai ricettari di famiglia, cucina di recupero e prodotti poveri in testa. A sancire un fruttifero incontro tra cucina alta e bassa. Perché molti degli autori di questi locali sono giovani di belle esperienze e ancor più belle speranze che hanno scelto la loro strada, ma non perdono di vista quanto appreso nelle cucine altolocate in fatto di materie prime, tecniche, creatività. E il numero dei Tre Gamberi assegnati quest’anno (massimo riconoscimento per le trattorie) è aumentato di pari passo con la presenza di buone insegne, storiche o appena nate.

Il territorio

Conseguenza diretta di questa riappropriazione delle proprie radici, è il prepotente rientro – al centro della scena – del territorio, con il suo carico di materie prime e tradizioni, cultura e costumi alimentari. Il tutto distillato in una cucina che si sposta verso il centro del gusto. Non stupisce, allora, di incontrare anche in locali di un certo blasone un elenco di tipicità locali, pietanze che raccontano minuti angoli d’Italia, spesso tradizioni familiari.

I grandi vecchi

Le grandi tavole sono sempre più grandi. Parliamo di quelle insegne in cui è nata la nuova cucina italiana, che hanno saputo creare una via tutta nostrana all’alta ristorazione pur sulla base di quanto accadeva all’estero. Maison storiche che hanno ampiamente superato il giro di boa dei vent’anni, talvolta anche la soglia degli -anta, ma anche nuovi indirizzi di mostri sacri della storia gastronomica italiana. Pensiamo a Caino di Valeria Piccini o Atman di IglesCorelli. Ma un felice rinnovamento ci regala nuove emozioni anche in quelle tavole in cui c’è stato un ricambio generazionale. Luoghi che, ben lontani dall’essere cristallizzati nel loro passato seppur glorioso, stupiscono per la capacità di evolvere senza tradire la propria storia, come l’Enoteca PinchiorriAgli Amici dal 1887 o Don Alfonso.

I giovani e i giovanissimi

Quanti sono gli under-qualcosa che si sono lanciati in avventure imprenditoriali dopo una gavetta in giro per il mondo? Molti. Magari inventando formule ristorative snelle per concentrare tutte le loro energie nella cucina e riscrivere così le regole del gioco. È un fenomeno di cui abbiamo iniziato a seguire le orme già qualche stagione fa e che ora esce allo scoperto. La Toscana è forse tra le regioni più rappresentative di questo orientamento con esperienze diverse, spesso originali, tutte di grande livello. Ma anche Lombardia e Abruzzo non scherzano. Complici maestri in grado di formare generazioni di giovani, che – perfetti esponenti della generazione Erasmus – concluso il loro viaggio di formazione in giro per il mondo, tornano a casa per mettere a frutto quanto appreso.

La generazione di mezzo

Non sono i giovanissimi, non sono i grandi vecchi. Sono “gli altri”, quella generazione che, in altri ambienti, paga lo scotto di essere cresciuta al confine tra due epoche di cambiamento che valgono come ere geologiche. Invece, quando si parla di ristorazione e di cuochi, il discorso cambia. Perché in questo grande contenitore troviamo personalità come Massimiliano Alajmo, Massimo Bottura, Enrico Crippa, Davide Oldani, Emanuele Scarello, Ciccio Sultano, Mauro Uliassi. A loro, talvolta autodidatti di rango, è demandato il compito di fare da ponte fra grandi vecchi e nuove generazioni, ma soprattutto di far maturare quella nuova cucina italiana, che forse non ha più neanche bisogno di quell’aggettivo a indicare la nuova era. Un obiettivo perfettamente centrato.

Una storia a sé

Lo abbiamo seguito sin dagli esordi e oggi, per noi, NikoRomito rappresenta il meglio della ristorazione italiana. Una storia a sé: grande cuoco, grande imprenditore, grande maestro. Sta ridisegnando il profilo di questa professione, traducendo l’esperienza dell’alta cucina in mille applicazioni, tutte di grande intelligenza: IN-Intelligenza Nutriziionale, il progetto di ristorazione collettiva ospedaliera di forte rilevanza sociale, scuola di formazione, ristorante gourmet, easy dining, street food, e le ultime aperture internazionali con il Bulgari hotel mediante le quali porta la vera cucina italiana nel mondo. Per noi in cima alla nostra guida.

Fonte: Gambero rosso